RACCONTO

Ricordo quella notte.

 


Ore 01,00 del 15  gennaio 1968.
Dormivo beatamente nel mio lettino, sento la voce amorevole della mia mamma, che con dolcezza mi chiama :-
Filippo, Filippuzzo, svegliati! (toccandomi leggermente)
Ti devi alzare.
Ho aperto a malapena gli occhi e nel chiaroscuro della stanza illuminata dalla fioca luce dell’abat-jour, notavo lo sguardo di mia madre, che guardava con amore il mio risveglio.
Con voce ancora assonnata chiedevo:-
- Perché .. cosa è successo...
Mia madre divagando nel rispondere, ripeteva :-
- Alzati.. fai veloce!
E con fretta mi aiutava a vestire.
Frastornato dall'inusuale comportamento e l'ora di notte; come un fantoccio, mi facevo vestire da mia madre,  così io potevo  concentrarmi nel pensare cosa stava succedendo, non avuto il tempo di riflettere, che sentivo dire a mia madre :-
...Dai andiamo nel bagno,  ti lavo il viso.. così ti svegli!

Continuavo a seguire come un automa, le indicazioni dettate dalla voce di mia madre, senza poter ancora partecipare vivamente con la mia mente a quello che stava succedendo.

Sul mio viso ancora caldo, mi giunse un ondata di acqua fresca, che come un colpo di corrente accese tutte le luci della mia mente, esclamai :- ...è fredda!
Ma mia madre non curante, continuava nel lavaggio del viso e, asciugandomi con la tovaglia di fretta...diceva:-
- Presto andiamo, usciamo di casa...andiamo dalla vicina!
Io ho fatto un po' di resistenza, dicendo:-
..Ma Mamma!
Perché dobbiamo andare dalla vicina?
Forse per la mia resistenza, finalmente mia madre,  disse il motivo:-
C'é stato il terremoto!

Quelle parole, mi ha fatto ricordare un episodio del giorno di prima, quando attraversammo la piazza del paese assieme a mia madre, eravamo arrivati da poco, in quanto siamo stati fuori paese in visita a parenti.
Notavamo nella piazza che molte persone con il naso all'insù, guardavano la facciata della Chiesa Madre, in particolare il campanile, e dicevano che il terremoto aveva creato una crepa .
Ne io e neanche mia madre abbiamo dato tanta importanza alla notizia.
Da ciò mi rendevo conto, che il terremoto.. non era una cosa positiva.

Sentivo, che mi tirava il braccio camminando  mia madre verso la porta di uscita , notavo che si sentivano vocii di persone in lontananza.
Con fretta mia madre, tirandomi dietro, chiudeva il portone di casa, sbattendolo.  Abbiamo attraversato il cortile di corsa, presentandoci in un lampo alla porta dell'abitazione della vicina di casa, dicendomi:-
- Che là, staremo al sicuro, in quanto l'abitazione è bassa.
Siamo entrati...notavo la piccola abitazione piena di persone, più o meno giovani seduta nelle sedie messe a giro vicini ai muri della stanza; chi pregava,  chi parlava agitatamente con la vicina, chi si disperava, ripetendo.. ...Che facciamo.. Che facciamo!
Sono rimasto molto turbato da questo comportamento delle persone, non riuscivo a capirne il fine.
Dopo un po' alcuni uomini, dicevano:-
- Un attimo di attenzione.. un attimo di attenzione!
Proseguendo nel parlare uno di questi diceva:-
-Dobbiamo lasciare le nostre abitazioni e portarci nelle aperte campagne, perché in ogni caso.. è pericoloso rimanere, il terremoto può distruggere tutto.. ora a poco a poco, usciremo e a piedi raggiungeremo la campagna di mio compare, dove vi sono dei grandi teli e della paglia, possiamo fare un capanno e non vi sarà nessun pericolo!

Neanche il tempo di finire, che subito tutte le persone alzandosi, si apprestavano ad uscire con fare spaventato.
Io osservavo tutto questo pandemonio e, dico la verità avevo paura e ancora non capivo la gravità; mia madre percependo le mie paure,  mi ha stretto la mano con delicatezza, dicendo:-
-  Non ti preoccupare...ci sono io....( il suo dire non era rassicurante).
Camminando  tutti insieme a gruppi sparsi , ci apprestammo a completare lo spiazzo del rimanente cortile,  per immetterci sulla strada principale che porta fuori paese.

Dico la verità , mi sembrava una festa, in quanto nella poca esperienza di  vita fatta, tutto questo movimento  di persone e voci concitate, mi ricordavano  la grande festa del patrono del paese ...
...si ogni tanto qualche dubbio c'era, ma forse per l'età o mia fantasia,  preferivo pensarla in questo modo.

Ritornando a vivere la realtà drammatica di quei momenti, notavo lo scorrere della folla sulla strada principale,  come un fiume in piena o come una mandria di tori inferociti, tutti di fretta su l'unica via d'uscita.
Io, mia madre e qualche altra persona , ci siamo fermati all'angolo del cortile, sotto il lampione che illuminava tutta la strada; forse per aspettare qualcuno dei vicini di casa, io vivevo quei momenti tra sogno e realtà, percepivo ma non capivo il dramma che stavo vivendo, sentendo l'ansia e la paura, che pregna ne era l'aria .

Come un fulmine al ciel sereno, un cupo boato irrompe nel mio cervello, spezzando ogni filo dei miei pensieri  e immobilizzando il mio corpo (credo per lo spavento), solo gli occhi erano vigili e come un proiettore visualizzava le immagini sullo schermo della mia mente,
ed io come uno spettatore sulla poltrona, immobile partecipavo allo scorrere di quei fotogrammi , rimasti indelebili nell'animo mio.

La terra tremava rovinosamente, facendo oscillare pericolosamente le abitazioni come alberi esposti al vento di burrasca.
Folla di persone si accalcavano sulla strada, come un fiume in piena a seguito di un forte nubifragio.
Uomini stravolgevano , spingendo con i propri gomiti i vicini, non curandosi se le proprie azioni recassero danni ad altri.
Grida di donne, pianti di bambini, scalpitio veloce di scarpe, rumore assordante e polverone causati dai muri di una casa caduta nelle vicinanze … silenzio…., ovattate grida di dolore e aiuto soggiungevano alle mie orecchie come voci proveniente dall'oltretomba, una voce di un giovane aitante,  che correva a gambe levate, gridava:- è morta... è morta!
Tremante e impaurito una mano mi trascinava con velocità in quel flusso concitato di persone atterrite che gridavano:- SCAPPIAMO.. SCAPPIAMO, non capivo più niente, come un legno galleggiante sulle acque in piena venivo sballottato tra braccia e gambe di persone più grande di me.
Vivevo il tutto come un film muto, le voci, i suoni, non li percepivo, vedevo solo il movimento della bocca, ma un rumore e della polvere dietro le mie spalle, mi riporta nella realtà; parte di un muro di un edificio cedeva rovinando vicino la mia persona (pensandoci ora, credo che sia stato un miracolo ad non essere stato coinvolto).

Tutti di corsa, sino all'uscita del centro abitato, poi rallentando il passo e ansimando per la corsa, tra urla di disperazioni ,  voci che si chiamavano per nome:-
- Pasquale, Ciccio, Salvatore, mamma, papà....Filippuzzo,  stammi vicino , per ora è tutto passato. Non piangere, tra poco raggiungeremo il capanno nella campagna dell'amico di nostro compare;
poi come farà giorno, andiamo a trovare tuo padre.

Raggiungemmo il capanno, sistemandoci sulle balle di paglia.. è stringendomi forte al petto di mia madre,  mi addormentai.

racconto

AMICI VIRTUALI?

(forse no)

 

Caro diario,

ho nostalgia del tuo foglio bianco,mi piace imbrattarlo con i miei pensieri,

...scusa, non ti ho chiesto come và .... sicuramente bene...o no?

..sei curioso di sapere cosa mi frulla in testa?

Rifletto ultimamente sulle mie amicizie virtuali...

Molti di loro ne conosco il pensiero, la loro sensibilità, la loro emotività attraverso le loro composizioni poetiche e rimango affascinato questo mio condividere.. a volte sembra che le mie composizioni, siano delle risposte alle problematiche esposte. Con alcuni, abbiamo avuto uno scambio di battute in privato attraverso l'e-mail, parlando a volte del più e del meno, raccontando magari qualche nostra preoccupazione e devo dirti la verità, ho avuto riscontro amichevole...come se ci conoscessimo da tanto..tutto questo mi ha fatto star bene!

Ho avuto opportunità, di parlare telefonicamente, con un paio...e tutto quello che avevo riscontrato nella conoscenza virtuale e venuto fuori nel dialogo telefonico.

Voglio ricordarteli Il grande Alfredo Genovese, persona di grande umanità e sensibilità oltre alla sapienza che ti dona con grande amore, come un padre e un figlio.

E l'amico (del cuore) Pietro Chiabra, che mi sembra di averlo sempre conosciuto, sin dal primo colloguio telefonico, scambiandoci battute come due amiconi d'infanzia, persona di una frande sensibilità e amore per gli altri, sapendo valorizzare in ognuno le cose positive, proponendosi con umiltà e sincerità, parlando prima con il cuore e poi con la ragione, sono orgoglioso della sua amicizia...lo stimo molto ...é mio amico!

 

Grazie..per la tua pazienza..a risentirci...

...cosa.. vuoi dirmi qualcosa... scusa.. me lo dirai alla prossima volta, ciao!